Scavi Archeologici di Pompei-Marzo 2017


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Visita agli scavi archeologici di Pompei – 5 Marzo 2017


Data escursione:
 05 Marzo 2017
Ritrovo e partenza : ore 07:15 Stazione Ferroviaria di Agropoli
si raccomanda massima puntualità
Orari Treni:
Andata 07:29 Agropoli – Ritorno 17:29 (Pompei)
L’acquisto del biglietto è a carico dell’escursionista e non compreso nella quota.

Inizio escursione: ore 09:30
Durata: Intera Giornata
Tipologia percorso: T – visita culturale
Punti d’interesse: scavi archeologici di Pompei
Consigli per l’escursionista: Scarpe da trekking-impermeabile, abbigliamento di ricambio, acqua e cappellino.
Pranzo: a sacco a cure dell’escursionista
 dare adesione entro giovedi 03 marzo 2017
Quota escursione:
Soci e tesserati F.I.E : 10 € compresivo di  visita guidata  
Non Soci: 15 € compresivo di assicurazione- visita guidata
Agevolazioni per minori di 14 anni 

NB: L’escursione sarà effetuata solo al raggiungimento del numero minimo di 15 partecipanti

Responsabile: Michele Autuori 328 1161897    

La Storia (Fonte Wikipedia)

Gli scavi archeologici di Pompei hanno restituito i resti della città di Pompei antica, presso la collina di Civita, alle porte della moderna Pompei, seppellita sotto una coltre di ceneri e lapilli durante l’eruzione del Vesuvio del 79, insieme ad Ercolano, Stabia ed Oplonti[1].

I ritrovamenti a seguito degli scavi, iniziati per volere di Carlo III di Borbone, sono una delle migliori testimonianze della vita romana[2], nonché la città meglio conservata di quell’epoca; la maggior parte dei reperti recuperati (oltre a semplici suppellettili di uso quotidiano anche affreschi, mosaici e statue), è oggi conservata al museo archeologico nazionale di Napoli ed in piccola quantità nell’Antiquarium di Pompei[3],

Pompei fu fondata dagli Osci intorno all’VII secolo a.C.[7], su un pianoro formato da una colata lavica, poco distante dal fiume Sarno, anche se diverse testimonianze attribuiscono i primi insediamenti umani già a partire dal IX secolo a.C.[8]: durante il periodo osco, il borgo, importante nodo viario, con strade per Cuma, Nola e Stabiae, venne cinto da mura e raggiunse un’estensione pari a 63 ettari. Pompei risentì degli influssi prima dei Greci[9], grazie alla conquista di Cuma nel periodo compreso tra il 525 e 474 a.C., e poi degli Etruschi, sotto i quali fu costruito il tempio di Apollo[8]; fu conquistata dai Sanniti, che scendendo dai monti dell’Irpinia la posero alle dipendenze di Nocera. Fu proprio sotto questi ultimi che Pompei divenne una ricca città commerciale, con un piccolo fiorente porto e cinta da mura possenti, costruite intorno al 300 a.C.[8].

Conquistata dai Romani nel III secolo a.C., continuò il suo sviluppo di città commerciale, esportando, in tutto il Mediterraneo, olio e vino, di cui era produttrice soprattutto nel periodo del II secolo a.C.[8]: in questi anni si assistette anche ad un forte sviluppo urbanistico, con la costruzione del foro, del tempio di Giove, di Iside e della Basilica, oltre a numerose case e ville residenziali. Sotto il dominio romano divenne prima municipium, godendo anche di una parziale indipendenza, grazie all’appoggio fornito durante la seconda guerra punica e poi colonia, col nome di Cornelia Veneria Pompeianorum, a seguito della conquista da parte di Silla nell’89 a.C., durante le guerre sociali[8]. La zona fu colpita da un terremoto nel 62 e la città subì notevoli danni, in parte prontamente riparati: tuttavia nel 79, mentre alcuni edifici erano ancora in fase di restauro, un’eruzione del Vesuvio seppellì la città sotto una coltre di ceneri e lapilli, cancellandola interamente[8]. Negli anni successivi, la zona, arida e spoglia, non fu soggetta a ripopolamento e nonostante alcune ricerche svolte nel I secolo, non venne più ritrovata, rimanendo sepolta per quasi 1700 anni[1].

I primi scavi nell’area pompeiana si ebbero a partire dal 1748[10], per volere di Carlo III di Borbone a seguito del successo dei ritrovamenti di Ercolano: i sondaggi furono svolti da Roque Joaquín de Alcubierre, che, credendo di essere sulle tracce dell’antica Stabiae, riportò alla luce nei pressi della collina di Civita diverse monete ed oggetti d’epoca romana, oltre a porzioni di costruzioni, prontamente ricoperte dopo l’esplorazione. Le esplorazioni furono ben presto abbandonate a causa degli scarsi ritrovamenti e ripresero soltanto nel 1754; nel 1763, grazie al rinvenimento di un’epigrafe, che parlava chiaramente della Res Publica Pompeianorum, si intuì che si trattava della antica città di Pompei[10]. Con Maria Carolina, moglie di Ferdinando IV, e l’ingegnere Francesco La Vega, parte della città, come la zona dei teatri, il tempio di Iside, il Foro Triangolare, diverse case e necropoli vennero riportate completamente alla luce e non più seppellite, ma rimaste a vista; fu durante il dominio francese, con a capo Gioacchino Murat e la moglie Carolina, che gli scavi godettero di un momento di ottima fortuna[11]: venne individuata la cinta muraria e riportata quasi del tutto alla luce la zona di Porta Ercolano; inoltre, grazie alle pubblicazioni volute da Carolina, la fama di Pompei crebbe in tutta Europa, diventando tappa obbligata del Grand Tour[12].

Con il ritorno dei Borbone a Napoli, gli scavi vissero un periodo di stasi: se si esclude Francesco I[13], con Ferdinando II e Francesco II, le rovine furono usate soltanto come posto da far visitare agli ospiti di corte[14]. A seguito dell’unità d’Italia e soprattutto grazie a maggiori disponibilità economiche, sotto la guida di Giuseppe Fiorelli, si assistette ad una veloce ripresa delle indagini, in modo ordinato, con la prima divisione della città in regiones ed insulae; nel 1863 venne introdotta la tecnica dei calchi[15][16], mentre, tra il 1870 ed il 1885, fu redatta la prima mappa dell’intera area pompeiana. Durante il XX secolo, con Vittorio Spinazzola prima e Amedeo Maiuri dopo[17], furono completati la maggior parte degli scavi nei pressi di Porta Ercolano, della zona meridionale della città e di Villa dei Misteri, mentre si intrapresero importanti sessioni d’indagine lungo Via dell’Abbondanza[18]. A partire dagli anni sessanta si resero necessari lavori di restauro per gli edifici esistenti, che hanno di molto rallentato nuovi scavi, anche a causa di problemi di natura economica[19]. Nel 1980 il sito fu gravemente danneggiato dal terremoto dell’Irpinia[20]. Tra gli anni novanta e gli anni ’10 del nuovo millennio, i nuovi scavi si concentrarono nella zona della IX regio, anche se molti fondi furono dirottati sulla conservazione ed il restauro dei monumenti già scavati; nel 1997 l’area archeologica entrò a far parte del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO[6]. A seguito della mancanza di un piano di restauro dell’intero sito, accentuato dal crollo della Casa dei Gladiatori nel 2010[21], l’Unione europea stanziò un finanziamento per la salvaguardia degli scavi: tuttavia, durante lo svolgimento dei lavori di ristrutturazione, che presero il nome di “Grande Progetto Pompei”[22], si verificarono altri crolli, riguardanti per lo più parti di muratura, travature dei tetti o pezzi di intonaco[23].

(Fonte Wikipedia)